lunedì 7 gennaio 2008

E così comincia l'avventura

Toc. Toc. Toc. Crack. Toc…toc…toc…

Accipicchia che fatica rompere questo guscio e… che paura! Chissà cosa c’è là fuori! Toc…toc…toc…crack…crack…crack…ecco, finalmente si rompe, e poi? Che ci sia qualcuno ad aiutarmi ad uscire da qui? Speriamo di farcela…ma…brrrrr che freddo si sente ma, cos’è? E’ inverno??? Si ghiaccia…brrrrr…e io sono tutto nudo e bagnato…

Pioooo Pioooo

Pioooo?!? Pioooo fu la sola parola che mi uscì quel giorno, i miei pensieri erano di solito più articolati: parlavo tra me e me quando ero nel guscio perciò continuavo a chiedermi per quale motivo dal mio becco usciva solo un timido “Pioooo”.

Comunque, la giornata della mia nascita non andò male: ad ogni mio “Pioooo” la mia mamma ed il mio papà mi rimpinzavano con squisiti bocconi e anche i giorni successivi furono tranquilli, a tratti un po’ monotoni: un po’ dormivo, un po’ mangiavo, la mamma mi cantava la ninna nanna, il mio papà mi teneva sotto l’ala e pian piano cominciavano a spuntarmi le piume.

Purtroppo però man mano che io mangiavo la mia mamma si indeboliva e in pochi giorni era diventata magra magra: tenermi caldo e nutrirmi in quei freddi giorni di fine autunno era per mamma e papà molto difficile e dispendioso. Noi siamo pappagalli africani e io sono nato in Europa, mentre mamma e papà erano in viaggio.

Un giorno, mentre facevo finta di dormire, sentii la mamma dire a papà:

Non possiamo continuare così, purtroppo il nostro piccolo pulcino è venuto alla luce troppo presto, fa troppo freddo qui e non riusciremo a rimetterci in viaggio con lui, non riuscirebbe a sopravvivere, il cibo che abbiamo a disposizione non basta per crescerlo sano e forte, dovremo affidarlo all’allevatore.

Io non sapevo cos’era un allevatore e non potevo chiederlo per due motivi: uno perché dal mio becco continuava ad uscire solo “Pioooo” e due perché…stavo facendo di finta di dormire!

Il mio papà le rispose:

Hai ragione mia cara, a malincuore dovremmo affidarci a lui, spero però che riesca a trovargli una famiglia, non voglio che viva il resto dei suoi giorni chiuso in una fredda gabbia come successo a tanti pulcini che conosciamo.

Si! ripose mamma.

Quella sera faticai a prendere sonno…chi mi avrebbe tenuto al caldo? Chi mi avrebbe imbeccato di gustose leccornie? Cos’era una fredda gabbia? Chi è l’allevatore?

In silenzio piansi la mia paura.

Qualche giorno più tardi venne al nostro nido di fortuna l’allevatore, papà gli spiegò la situazione e lui gli disse di non preoccuparsi, gli disse che mi avrebbe svezzato con cura e poi affidato ad una famiglia che, per fatalità, era passata da lui qualche giorno prima per sapere se qualche pulcino avesse bisogno di aiuto.

E così fecero, la mamma e il papà mi salutarono con gli occhi tristi, non ci saremmo mai più visti, ma nello stesso tempo pieni di speranza: conoscevano l’allevatore e sapevano che mi avrebbe affidato solo ad una buona famiglia.

L’allevatore non aveva le piume, le mie invece cominciavano ad essere belle e morbide, aveva mani grandi e calde: era un umano! Mi preparò subito una buona zuppa dolce e mi imbeccò, io avevo fame e cercai di avere fiducia in lui; mi mise in una stanza con i canarini ma io me ne stavo tutto solo, non sapevo volare, non conoscevo la loro lingua, volevo la mia mamma e il mio papà.

L’allevatore non mi faceva mancare il cibo e mi tenne al caldo di una stufa che però non era paragonabile al calore delle soffici piume di mamma e papà.

Era un periodo freddo, faceva davvero tanto freddo, poi scoprii che era quasi Natale.

Due giorni prima di Natale, venne a prendermi “la famiglia”, erano in due, arrivarono con una culla con tanto di cuscino e di coperta, io ero curioso di vederli ma rimasi stupito nel vedere che erano simili all’allevatore, non avevano le piume come la mia mamma e il mio papà come pensavo, ma erano anche loro degli umani.

L’allevatore mi mise nella culla e diede alla mia nuova famiglia il necessario per nutrirmi, spiegandogli bene come fare per finire di svezzarmi.

Io non piansi, fui forte e anche incuriosito: andammo verso un’automobile nera parcheggiata lì vicino. Quando arrivai, vidi che c’era qualcun altro in quell’auto, sempre senza piume e che si posò la culla, con me dentro, sulle gambe, l’allevatore la salutò facendole gli auguri di buon Natale e di buona guarigione. Chi era? Cos’aveva? Da cosa doveva guarire?

Partimmo per andare in quella che sarebbe stata la mia nuova casa e nel tragitto li sentii dire:

Ciao Sasha. Noi siamo la tua nuova famiglia. Lo dissero a turno e si presentarono come la mamma, il babbo e la tata.

Mentre il babbo guidava verso casa, la tata mi accarezzava dolcemente poi, mi fece un fotografia e disse:

Sasha, la tua prima fotografia! Pensai: cos’è una fotografia?

Arrivammo a casa e subito mi prepararono una buona pappa che mi diedero con un cucchiaino poi, il babbo mi imbeccò con la sua bocca…che bello…come faceva il papà!

La mamma e la tata mi fecero tante carezze e tante dolci coccole e io mi addormentai contento, l’impatto iniziale era stato buono, parlavano a voce pacata e riuscivo a capirli, sentivo che mi dicevano che ero bello, sentivo la loro dolcezza e capii subito che non mi avrebbero fatto del male, mai.

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